METAL WAVE
85/100
Gli Axis Of Perdition sono un gruppo che, per quel che mi ricordo, ha suscitato un bel po’ di interesse nel 2004 con il loro “The Ichneumon Method (And Less Welcome Techniques)”, e che purtroppo non ho mai ascoltato in quanto introvabile. Il mio interesse per loro, poi, calò nel 2005 a seguito di un presunto flop del disco successivo, da me ugualmente non ascoltato (non so neanche se fosse riferito all’EP seguente o al loro secondo album). Fino ad allora, non sentii più parlare di questo gruppo inglese, che ora ritorna con questo “Tenements (Of The Anointed Flesh)”, un proseguimento del loro precedente “Urfe”, che era talmente lungo da dover essere rilasciato in formato doppio cd.
Come si sarà capito, non stiamo parlando di una band dal suono canonico, ma di una band che si definisce “industrial psycho metal”, che si riassume in un metal un po’ più industrial che black, ma davvero lontano dalla convenzionalità in quanto estremamente disarmonico e dissonante, molto rumorista e con molto interesse per il dark ambient. Come se l’industrial più violento ed estremo avesse contaminato il black metal di questi ragazzi. La loro musica a volte cita gli ultimi Mayhem (quelli di “Ordo…”
, altre volte, come in “Unbound” sembra di sentire il perfetto mix tra il feeling sinistro dei Deathspell Omega e l’eccentricità dei Solefald, mentre altre volte ancora sembra far riferimento ai Limbonic Art in versione “tossicodipendente”. E tutto questo mentre la voce più che cantare, declama versi, la batteria esegue tempi molto dispari e con cambi di tempo pressoché continui e assolutamente frenetici, mentre le chitarre disegnano in continuazione riffs disarmonici, caotici, debitrici a volte a certa fusion. E non solo: aggiungete una qualità sonora confusa (secondo me volutamente), che penalizza le chitarre rendendole parecchio sfocate nella resa finale, e capirete forse davanti a quanto caos vi troverete ascoltando questo disco, davvero pieno zeppo di musica fino all’inverosimile. Il risultato ci sta ma, come si sarà capito, è qualcosa che svita il cervello. E si badi bene: la musica degli AOP non è acida come quella degli Aborym, non è “spaziale” come i Limbonic Art, ma è terribilmente cupa, caotica, assordante, apocalittica e grigia. Come se il “malessere urbano” che si cita nell’info sheet fosse un caos che ti ingoia e che fa impazzire. L’ascolto dunque non è per tutti, ma chi vorrà addentrarsi potrà farsi investire da una “Unbound” frenetica e schizoide, una turbolenta e torbida “Sigil And Portents”, la più malata e migliore “Charged” e la più assordante “Disintegration”, soprattutto verso la fine. E se ciò non bastasse, aggiungete pure un intermezzo ambient, dall’oscuro titolo “Dark Red Other”, e la conclusiva e vagamente tragica “Ordained”, che va in direzione completamente opposta a tutti gli altri brani proponendo un brano non solare, ma comunque rilassante e tranquillo, che sembra uscito nientemeno che dallo psichedelico “A Deeper Kind Of Slumber” dei Tiamat!
Questo cd è da ascoltare, come tutta la band. Certo, ci sono dei difetti che appesantiscono il risultato finale, come una musica spesso troppo omogenea e difficile da sostenere, un muro sonoro sfocato e confuso che rende le parti di chitarra udibili, ma dalle note poco distinguibili, che sulle prime non mi convincevano (anche se ripeto: per me è un effetto voluto), ma sapete una cosa? Chi se ne importa! Il risultato alla fine non ne risente, anzi. La frenesia e il delirio che gli AOP vogliono proporci passano anche per questi elementi, come se il malessere urbano di cui parlano sia qualcosa di urtante e devastante anche per il suo monotono rumorismo e la sua scarsa comprensibilità e intelleggibilità. In conclusione: il risultato finale premia una band che sa svolgere in maniera eccellente il proprio lavoro, e che ha fatto un disco che consiglio a chiunque apprezzi il black metal con sperimentazioni tipo quelle che Dodheimsgard, Aborym, Void of Silence, Void, ultimi Mayhem e Anaal Nathrakkh ripropongono. Per quel che mi riguarda, apprezzo l’incredibile aderenza della musica loro a ciò che per me avevano in mente. Pochi dischi industrial black mi hanno colpito così. Incredibili.